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Lettera aperta a Giorgio Napolitano

Lettera aperta

Ceprano il 10 giugno 2012 

Alla cortese att.ne del Presidente Giorgio Napolitano                                                                                                            

Mi chiamo Stefania Casavecchia e sono la madre di Martina e Valentina di 26 anni, di Andrea di 15 e di Luigi morto suicida a 16 anni. Sono la presidente dell’associazione Onlus A.M.A di Ceprano. Le A.M.A. sono presenti in tutta Italia e significa AUTO-MUTUO-AIUTO, un modo di far fronte a diverse problematiche, difficoltà ed esperienze di vita in cui la condivisione dell'esperienza in gruppo sviluppa solidarietà e aiuto reciproco. Il nostro compito è di aiutare i “sopravvissuti”, ovvero i familiari di un suicidio, a elaborare il proprio dolore, a far si che loro stessi non compiano lo stesso gesto dei loro cari, a cercare di dare un supporto e a non farli sentire soli e abbandonati.
Quando arriva la morte in una famiglia, questa è toccata dal dolore della perdita della persona cara e quanto più si è amata in vita tanto più il dolore, sarà forte e struggente.

Non avrei mai osato dire che ogni morte era diversa prima di quella di mio figlio ma oggi posso dirlo. Si muore per incidente stradale, è la prima causa di morte, la colpa è sempre della strada, dell’auto o di qualcuno che ci è venuto addosso; si muore per malattia, a volte attribuiamo la colpa al nostro Dio ma mai a noi stessi così come alla morte per suicidio, seconda causa di morte al mondo tra i giovani dai 14 ai 24 anni. I sopravvissuti hanno, oltre al dolore della perdita anche, la rabbia contro se stessi per non aver compreso il dolore del suicida, la rabbia verso di loro perché ci hanno abbandonato, perché non hanno avuto la forza e il coraggio di chiederci aiuto; i familiari hanno l’aggravante di trovare, nella maggior parte dei casi, il proprio caro suicida e vederlo appeso a una corda, o steso al suolo dopo un lungo salto nel vuoto o cosparso di sangue perché si è sparato. E’ qualcosa d’inimmaginabile e molte volte sono i figli, o fratelli minorenni a trovare il corpo martoriato. Da non dimenticare cosa comporta un suicidio in una famiglia. E’ stato dimostrato che all’interno di una famiglia con un suicidio nel corso degli anni possono presentarsi altri suicidi, lascio immaginare come può essere la vita di una madre o di una moglie quando i propri familiari non rispondono al cellulare o quando ritardano e non sanno, dove siano, o la paura di un brutto voto a scuola o di un rimprovero o di una delusione d’amore o lavorativa, il primo pensiero va lì, al suicidio. Ci sono poi tutti i tabù che ancora nelle piccole cittadine sono presenti, ci si sente additati e giudicati. Ho elencato tutte queste notizie per cercare di far comprendere quanto grande sia la mia indignazione nell’ascoltare telegiornali e programmi televisivi e nel leggere le varie testate giornalistiche; indignata perché credo fermamente che la notizia non vada data solo nuda e cruda solo perché ora si può incolpare a Equitalia o al governo; indignata perché ora si può parlare del suicidio in tv e non quando tre anni fa cercavo di proporre il mio libro “Il Coraggio del Dolore”, indignata perché parlare solo del fatto, non aiuta e non previene un altro suicidio e di conseguenza è una notizia “pericolosa” perché emulativa. Il mio amico Claudio, papà di Norman suicidatosi a Palermo, sostiene che: “Nessuno si suicida per emulare un altro. Ci si suicida per mille motivi, ma mai per emulazione” E’ vero, ma è anche statisticamente provato che l’emulazione del suicidio esiste. Chiedo quindi una mano concreta a far si che i giornalisti e i programmi televisivi si occupino del suicidio in modo corretto e preventivo dello stesso tempo. Non ho pillole salvifiche ma comunicare la notizia e incrementarla con: - nomi e indirizzi di Associazioni specifiche come quelle anti-usura o come la mia o come tante altre sparse sul territorio; - far testimoniare “sopravvissuti” in modo da far capire a chi vuole suicidarsi a quali sofferenze lascerebbe la propria famiglia, perché oltre al dolore, e a tutto ciò che ho descritto sopra, lascerebbe la propria moglie con gli stessi debiti e con l’onere di pagargli anche il funerale. E’ brutale ma è così. Ma forse, Presidente, se fosse proprio Lei in questo momento di crisi, in prima persona, a non temere di lanciare questi pragmatici messaggi di prevenzione, questo sarebbe un enorme impulso a credere che lo Stato tenga alla vita di ognuno di noi come singolo, contro una condanna all’invisibilità a cui alcune fragili vite pensano di poter sfuggire soltanto con uno straziante inutile atto di protesta auto lesivo. Con tutto questo non voglio dire che non ci sarebbe più nessun suicidio ma almeno avremmo provato a fare prevenzione.

Spero di non essermi dilungata troppo e con la speranza di poter ricevere notizie di una collaborazione proficua porgo i miei più cari saluti.


Stefania Casavecchia

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