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Togliersi la vita a 16 anni

Roberta e Stefano

L’associazione di auto mutuo aiuto è uno dei pochi punti fermi per poter sopportare il dolore per la perdita di un figlio.
Sono Roberta, mamma di Livio,  e da 6 anni convivo con l’elaborazione di un lutto disumano. Livio si è tolto la vita, aveva 16 anni, e da quel momento (assolutamente inaspettato) la mia vita è finita. Da subito ho cercato conforto religioso e mi sono rivolta al migliore sulla piazza di Verona; mi sono sentita dire “ne faccia un altro, i figli non sono nostri , sono del Signore”. Con questi presupposti ho iniziato a capire che la mia ricerca sarebbe stata difficile e penosa, e che mi avrebbe allontanato da tante convinzioni che avevano accompagnato la mia vita. In un batter d’ali il mio essere genitore è crollato ed è entrata dentro di me la convinzione (che penso non se ne andrà mai) di essere una persona fallita su tutti i fronti. Si fanno largo : rabbia, invidia, vergogna, senso di colpa, inutilità. Niente ha più  senso di essere vissuto. A tutto questo aggiungiamo il venire a sapere che gli era stato fatto del male (sia fisico che psicologico) e, nonostante le ns sollecitazioni nessuno parla, nessuno ci interpella per conoscere il ns pensiero e per far sapere cosa succede ad una famiglia dopo un fatto del genere. La scuola è inesistente e terrorizzata dal poter essere coinvolta in qualche denuncia , che comunque non puoi fare perché non ci sono prove.
Il rendersi conto delle conseguenze che si porta dietro quel gesto, forse aiuterebbe a porre un freno a quello che oggi viene etichettato come “bullismo”.
Comunque mi sono arrangiata a cercare tutti gli aiuti possibili per poter alzare gli occhi quando incontro qualcuno, per poter far crescere la figlia che mi è rimasta, sapendo benissimo di non avere più il ruolo di mamma. Credo che nessuno possa immaginare la distruzione psicologica che quello che è successo ha provocato, l’annullamento della mia personalità che fino a quel giorno aveva un senso perché dovevo crescere i miei figli con i principi e i valori con cui sono stata cresciuta, perché avevo una responsabilità difficile da gestire ma bellissima , piena di sogni e progetti per loro. Ora mi senti responsabile della sua morte, perché non gli ho insegnato a difendersi, perché non hai capito qualcosa che continuo a cercare ma non trovo, perché non sono riuscita a trovare la verità (quindi non l’ho aiutato neppure dopo la sua morte) . Non ho in mano più niente, solo l’attesa che il giorno della mia morte si avvicini sempre più. Questo tipo di morte coinvolge la sfera religiosa, emotiva, psicologica e sociale delle persone. Per le famiglie, sentirsi parte di un contesto religioso e sociale, supportate dalla formazione di gruppi, da aiuti psicologici mirati , da incontri a tema , significherebbe avere ancora un ruolo importante. Sentirsi abbandonati equivale  togliere quel poco di energia rimasta. Abbiamo bisogno di sentirci ancora protagonisti della vita dei ns figli: di quelli rimasti, di quelli che fanno del male ai loro coetanei, e di quelli che non ci sono più, perché sono quest’ultimi a lanciarci un segnale moto forte: ci sono dei gravi problemi da risolvere . il messaggio che invece ancora sta passando è che dietro un suicidio ci sia una famiglia disagiata, problemi mentali, personalità fragili e che quindi il problema non è di nessuno, solo tuo. Ci sono invece responsabilità che neppure immaginiamo, il fatto è che abbiamo paura di andare a vedere, di scavare. Unici conforti le associazioni di Auto Mutuo Aiuto, composte da persone che vivono la stessa realtà e uno stuolo di psicologi che seguono tutta la famiglia (con spese immani) : e si va avanti, con lo stupore di essere ancora in grado di vivere.   
 Roberta Mazzi
Di seguito riportiamo la lettera di un carissimo amico di Livio.

"Le parole molto spesso possono ferire ben più in profondità dei coltelli. Che se lo ricordino bene le persone che si sono prese la libertà per anni di tormentare una persona buona. Io sono stato in silenzio per tutti questi anni ma oggi scriverò qualche riga. Io e Livio abbiamo condiviso l'infanzia e l'adolescenza. Anni difficili che tuttavia lui è riuscito ad arricchire di innumerevoli momenti che tuttora mi porto nel cuore. Eppure c'era sempre un'ombra intorno a noi. L'ombra di coloro che ci urlavano addosso quando andavamo per strada. Quelli che ogni giorno insultavano Livio per il suo aspetto fisico (era bellissimo, sia dentro che fuori) se ne stavano in lacrime il giorno del funerale. La chiesa era gremita di ragazzi quel giorno nonostante il fatto che nella vita purtroppo Livio era emarginato se non deriso. Io me lo porto nel cuore perché ho dovuto subire, anche se in misura sensibilmente minore, l'oppressione di persone che oltre all'assenza di qualunque forma di rispetto hanno dimostrato anche una notevole propensione all'ipocrisia lo in questi anni ho imparato ad abituarmi al fatto che uno dei miei amici più cari mi sia stato strappato in questa maniera. Tuttavia non potrò mai perdonare coloro che avrebbero potuto e non hanno fatto. Non perdonerò mai la persona che il giorno del funerale andò sull'altare e disse che Livio andava male in matematica e non perdonerò mai coloro che sapevano e non mossero un dito. Qualcuno disse tanti anni fa: Non temere il tuo nemico, al massimo ti ucciderà Non temere i tuoi amici, al massimo ti tradiranno Temi gli indifferenti perché attraverso il loro silenzio maligno accadono omicidi e tradimenti. Livio è stato vittima della malignità umana e del silenzio.

Forse queste due righe non serviranno a nulla ma io spero davvero che non siano solo uno sfiatatoio per me. Magari oggi qualcuno potrebbe vedere un'ingiustizia, a scuola o sul lavoro, forse queste parole lo faranno pensare.

La vita umana è la cosa più bella che esista a questo mondo e nessuno si può permettere di mortificarla. Abbracciate chi soffre ogni giorno, portatelo fuori e mostrategli quanto può essere bello il sole. Magari salverete una vita e scalderete per sempre la vostra anima."

 Nicola Rinaldo

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